Frequenza d’uso del digitale in bambini e adolescenti e rischio di sviluppare sintomi di ADHD

Negli ultimi decenni, i dispositivi digitali hanno cambiato la nostra quotidianità. Sebbene la tecnologia ci aiuti a gestire, memorizzare e processare una grande quantità di informazioni, ci possono anche essere risvolti non molto piacevoli. Per questo, negli ultimi anni, i neuroscienziati si sono chiesti che impatto abbia questo continuo utilizzo di tecnologia sul nostro cervello e sul benessere psicologico. Prove scientifiche attestano che un uso frequente di oggetti digitali può avere effetti sia positivi che negativi sul nostro benessere psicofisico.

Da un lato, l’utilizzo di tecnologie digitali può aiutare i più piccoli ad apprendere divertendosi e i più anziani rafforzare le funzioni cognitive (come l’attenzione, la memoria e il linguaggio).

Qui però, ci soffermeremo su un possibile aspetto negativo di un uso incontrollato e inconsapevole dei media digitali sin dalla tenera età.

Un numero crescente di ricerche attesta un collegamento tra l’uso massiccio degli schermi e disturbi di attenzione, se non addirittura una sintomatologia riconducibile al disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Non a caso, negli ultimi tempi sempre più studi stanno indagando se e come l’impatto dell’uso di schermi aumenti il rischio di sviluppare i sintomi di questo disturbo.

 

Proprio recentemente, due ricerche longitudinali hanno indagato la possibile associazione tra uso eccessivo di tecnologie digitali e maggior probabilità di riscontrare sintomi di ADHD. Queste ricerche, sebbene presentino dei limiti, forniscono spunti interessanti su due gruppi di popolazione diversi. Il primo studio, condotto all’Università di Alberta in Canada, mostra aspetti cognitivi e comportamentali in bambini di età prescolare; il secondo studio, svolto presso l’University of Southern California, indaga i sintomi dell’ADHD in adolescenti.

 

Lo studio condotto all’Università di Alberta in Canada, pubblicato nel 2019, ha indagato una possibile associazione tra tempo davanti gli schermi ed esiti sul comportamento in bambini di età pre-scolare.

La ricerca ha indagato la quantità di utilizzo degli schermi dei bambini all’età di 3 anni e di 5 anni. Inoltre, è stato analizzato il comportamento dei bambini all’età di 5 anni attraverso un questionario compilato dai genitori.

È stato trovato che i bambini con maggior esposizione ai media digitali, indipendentemente dall’età (tra i 3 e i 5 anni), mostravano un comportamento significativamente più problematico all’età di 5 anni. Nello specifico, a 5 anni i bambini che stavano di fronte agli schermi per un tempo superiore alle 2h al giorno avevano 5,9 volte più probabilità di mostrare sintomi di iperattività e inattenzione rispetto ai coetanei che utilizzavano i dispositivi meno di 30 minuti al giorno. Per giunta, i soggetti con più di 2h al giorno davanti agli schermi avevano 7,7 volte più probabilità di soddisfare i criteri per la diagnosi dell’ADHD. L’associazione tra tempo di utilizzo dei device e problemi inattentivi era maggiore rispetto a qualsiasi altro fattore di rischio (qualità del sonno, stress parentale e fattori socio-economici).

Tuttavia, un possibile limite che gli autori sottolineano è quello di aver indagato la quantità di tempo davanti agli schermi e il comportamento dei bambini attraverso questionari compilati dai genitori e non convalidati con misure più oggettive. Inoltre, ipotizzano che i genitori di bambini con inattenzione e iperattività fossero maggiormente propensi ad offrire più tempo davanti allo schermo o ad utilizzare questo tempo come strategia auto-calmante.

 

Lo studio pubblicato nel 2018 e condotto in California (presso la University of Southern California) ha indagato se la frequenza giornaliera di utilizzo dei media digitali in adolescenti tra i 15 e i 16 anni senza sintomi significativi di ADHD fosse associata a disturbi riconducibili a tale disturbo nei due anni successivi.

All’inizio dello studio, 12 e 24 mesi successivi, i ricercatori hanno studiato la quantità di utilizzo di 14 diverse attività digitali (come controllare e postare contenuti sui social network, mandare messaggi, video-giocare, fare shopping online) attraverso un questionario su un campione di quasi 2600 adolescenti. Inoltre, tra il 2014 e il 2016, ogni sei mesi, è stato chiesto ai ragazzi di compilare un questionario che valutava i sintomi di disattenzione, impulsività e iperattività.

 

I ricercatori hanno rilevato che un maggior uso di media digitali era associato a maggior probabilità di mostrare sintomi riconducibili al disturbo di inattenzione e iperattività (ADHD). Un’alta frequenza di attività digitali era associata ad una probabilità significativamente più alta di avere sintomi di ADHD nell’arco dei due anni successivi. Gli studenti che riportavano 7 attività ad alta frequenza e quelli che ne riportavano 14, avevano rispettivamente un tasso medio del 9,5% e del 10,5% di riportare sintomi di ADHD, rispetto al 4,6% per i ragazzi che non riferivano un uso degli schermi ad alta frequenza.

 

Questi dati mostrano un’associazione tra l’uso dei moderni dispositivi digitali e successivi sintomi dell’ADHD, ma non è stato definito se questa associazione sia causale o meno. Seppur lo studio presenti alcuni limiti, come un campione molto specifico per età e residenza e l’auto-somministrazione di questionari che indagavano sia la frequenza d’uso sia i sintomi di ADHD, sono state fatte alcune ipotesi in merito a tale associazione.

 

La sintomatologia dell’ADHD è associata alla continua ricerca di sensazioni (sensation seeking) e questo potrebbe promuovere la continua ricerca dei media digitali per soddisfare la richiesta di costante stimolazione, come ipotizzato anche dai ricercatori dell’Università di Alberta.

 

Inoltre, l’utilizzo di tecnologie digitali potrebbe essere risultato da un ADHD sottosoglia o non diagnosticato all’inizio dello studio. Lo studio non ha valutato la storia diagnostica e quindi potrebbe non aver rilevato un ADHD di base.

 

Un’ulteriore ipotesi posta è che vi siano dei fattori di rischio sconosciuti e condivisi che spiegano tale associazione, come fattori genetici o comportamenti genitoriali, tali da influenzare aspetti cognitivi come disattenzione, iperattività, impulsività e aspetti comportamentali.

 

Sebbene vi possano essere spiegazioni alternative come quelle appena citate, i ricercatori sostengono che le caratteristiche dei moderni media digitali potrebbero svolgere un ruolo primario nello sviluppo di una sintomatologia riconducibile all’ADHD.

 

La tecnologia tende a tenerci sempre in allerta, in quanto ogni nuova notifica che illumina lo schermo e fa suonare il device ci distrae dal lavoro che stiamo svolgendo. Quindi, la continua esposizione a tali strumenti può distogliere l’attenzione da compiti focali. Questi comportamenti, nell’età della maturazione cerebrale, potrebbero interrompere il normale sviluppo dell’attenzione sostenuta e delle capacità organizzative. Dunque, se da un lato i media digitali tendono a distrarci con la loro sola presenza, un altro aspetto che è stato associato ad un maggior rischio di sviluppare sintomi di ADHD è la componente multitasking.

Infatti, diversi ricercatori ritengono che la componente multitasking dei media digitali possa provocare l’aumento nel rischio di sviluppare ADHD. Uno studio mostra come i multitasker digitali (passando rapidamente da un’app all’altra, facendo più attività contemporaneamente) tendono a rispondere più facilmente alle distrazioni esterne irrilevanti, mostrando una ridotta capacità di filtrare le interferenze. Una stimolazione esterna continua potrebbe portare i soggetti ad abituarsi a feedback rapidi e continui tanto da interrompere lo sviluppo del controllo degli impulsi e della pazienza.

 

Va tenuto presente che la maturazione delle capacità attentive ed esecutive si conclude non prima dei 20 anni di età. Pertanto, anche ipotizzando la presenza di alcuni fattori di rischio alternativi, un’alta frequenza d’uso dei media digitali può limitare l’attenzione e indurre a comportamenti impulsivi in un periodo sensibile per la crescita. Da non sottovalutare, però, come questi effetti possano presentarsi anche successivamente la completa maturazione cerebrale.

 

In conclusione, la dinamica che si può instaurare svolgendo attività digitali con eccessiva frequenza può diventare uno stile comportamentale caratterizzato da distraibilità, reattività e irrequietezza, proprio come i sintomi tipici dell’ADHD.

Bibliografia.

  • Ra CK, Cho J, Stone MD, De La Cerda J, Goldenson NI, Moroney E, Tung I, Lee SS, Leventhal AM. Association of Digital Media Use With Subsequent Symptoms of Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder Among Adolescents. JAMA. 2018 Jul 17;320(3):255-263.
  • Small GW, Lee J, Kaufman A, Jalil J, Siddarth P, Gaddipati H, Moody TD, Bookheimer SY. Brain health consequences of digital technology use
. Dialogues Clin Neurosci. 2020 Jun;22(2):179-187.
  • Tamana SK, Ezeugwu V, Chikuma J, Lefebvre DL, Azad MB, Moraes TJ, Subbarao P, Becker AB, Turvey SE, Sears MR, Dick BD, Carson V, Rasmussen C; CHILD study Investigators, Pei J, Mandhane PJ. Screen-time is associated with inattention problems in preschoolers: Results from the CHILD birth cohort study. PLoS One. 2019 Apr 17;14(4):e0213995.
  • Uncapher MR, Lin L, Rosen LD, Kirkorian HL, Baron NS, Bailey K, Cantor J, Strayer DL, Parsons TD, Wagner AD. Media Multitasking and Cognitive, Psychological, Neural, and Learning Differences. Pediatrics. 2017 Nov;140(Suppl 2):S62-S66.