Come l’infezione da SARS-CoV-2 attacca il cervello e provoca sintomi neuropsichiatrici a lungo termine

Come l’infezione da SARS-CoV-2 attacca il cervello e provoca sintomi neuropsichiatrici a lungo termine. Boldrini, Canoll & Klein, 2021

 

La review che analizzeremo di seguito è stata pubblicata sulla rivista medica JAMA Psychiatry e mira a mostrare le ultime ricerche condotte sugli effetti dell’infezione da SARS-Cov-2 sul sistema nervoso centrale.

 

Saranno spesso utilizzate le sigle SARS-Cov-2 e COVID-19, è perciò utile soffermarsi sul loro significato. Quando si parla di SARS-CoV-2 (dall’inglese: severe acute respiratory syndrome corona­virus 2) si intende una nuova forma di coronavirus, non prima identificato nell’essere umano, con la capacità di provocare polmoniti virali. Si possono ricordare altre due forme di coronavirus individuate nell’uomo, rispettivamente nel 2002 e nel 2012: il SARS-CoV (dall’inglese: severe acute respiratory syndrome coronavirus) e il MERS-CoV (dall’inglese: Middle East respiratory syndrome coronavirus), anch’esse provocavano malattie respiratorie fatali. Invece, con l’acronimo COVID-19 ci si riferisce alla malattia da coronavirus.

 

È ormai noto che in seguito alla guarigione da COVID-19 possono rimanere sintomi a lungo termine, come anosmia e fiato corto. Invece, possono essere meno conosciuti i sintomi neuropsichiatrici come deficit attentivi e cognitivi, ansia, depressione, psicosi e comportamenti suicidari. La comunità scientifica ha spiegato come sintomi respiratori e gastrointestinali siano frequentemente accompagnati da sintomi neuropsichiatrici più o meno duraturi e talvolta da problematiche cerebrali di lungo corso. Tale sintomatologia è stata trovata essere presente durante tutte le fasi di malattia, e anche dopo, indipendentemente dalla gravità delle difficoltà respiratorie, suggerendo danni cerebrali più complessi e durevoli.

Dunque, sintomi neuropsichiatrici sembrano persistere oltre il periodo dell’infezione acuta. Uno studio condotto in Germania ha dimostrato come la presenza di difficoltà cognitive sub-cliniche, ovvero senza una manifestazione obiettiva dei sintomi, possano essere complicazioni comuni in adulti con età media di circa 40 anni e guariti da COVID-19 indipendentemente dal decorso clinico. Un studio inglese ha trovato sintomi neuropsichiatrici successivi alla guarigione da COVID-19 in quasi il 60% dei soggetti presi come campione di riferimento. Si è quindi evidenziato come nuove sintomatologie psichiatriche e cognitive possano essere diagnosticate nel 49% del campione in adulti con età inferiore a 60 anni e nel 51% dei casi di adulti sopra i 60 anni, per cui era stata necessaria l’ospedalizzazione.

 

Come fa il virus ad arrivare al cervello?

Una via primaria attraverso cui il virus può raggiungere il cervello è la mucosa olfattiva che si trova all’interno di entrambe le narici e permette la percezione degli odori grazie alla presenza di neuroni specializzati: i chemorecettori. Proprio la presenza del virus in questa sede anatomica è la causa dell’anosmia (perdita di olfatto e sapore) comune nelle persone che contraggono il SARS-CoV-2. Dunque, dalla mucosa olfattiva, tramite i chemorecettori e il bulbo olfattivo, il virus arriverebbe alle strutture profonde del cervello.

Un’altra via di ingresso del virus a livello cerebrale potrebbe essere la barriera ematoencefalica, struttura generalmente deputata alla protezione del tessuto nervoso dalle sostanze nocive presenti nel sangue. Le citochine infiammatorie, molecole occupate nel richiamare l’attenzione del sistema immunitario, modulano la permeabilità rendendo la barriera ematoencefalica permeabile a cellule virali. Pertanto, il SARS-CoV-2 giungerebbe al tessuto cerebrale tramite strutture mediali, la cui funzione è quella di controllare il contenuto del sangue e del liquido cerebro-spinale.

Una terza e ultima via di accesso al cervello potrebbe essere per via sanguigna. Vedrebbe interessate le cellule endoteliali vascolari cerebrali (tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni), in assenza di un attacco diretto del virus alle cellule neuronali o gliali.

 

Cosa provoca all’instaurarsi di malattie neuropsichiatriche?

L’avvicendarsi dei processi che portano il virus a livello cerebrale innescano una serie di reazioni chimiche e fisiche tali per cui possono aumentare il rischio di sviluppare una sintomatologia neuropsichiatrica.

Ad esempio, una volta che il SARS-CoV-2 arriva alle cellule endoteliali del sistema nervoso centrale sembrerebbe

attivare cellule immunitarie e facilitare la formazione di depositi microtrombotici provocando possibili lesioni cerebrali causati da danni ipossici (mancata circolazione di flusso sanguigno) e infartuali.

Inoltre, nell’organismo di pazienti con infezione severa da SARS-CoV-2 -19, si verificherebbe una tempesta di citochine. Questa tempesta corrisponde ad una risposta infiammatoria incontrollata del sistema immunitario il quale attivando una grande quantità di cellule immunitarie provoca danni ai tessuti degli organi coinvolti. Una volta che le citochine arrivano al cervello attraverso la barriera emato-encefalica si attivano le cellule gliali (cellule del sistema nervoso con funzione di nutrizione, sostegno e protezione). Questo processo porta al consecutivo incremento del glutammato, uno dei neurotrasmettitori eccitatori più importanti del sistema nervoso, che è generalmente coinvolto nella memoria, nell’apprendimento, nell’attenzione e nei processi di neuroplasticità. Dunque, una sua disregolazione provoca alterazioni alle funzioni in cui è coinvolto. In aggiunta, la tempesta di citochine ha un effetto opposto su altre tipologie di neurotrasmettitori, ovvero provoca un impoverimento di serotonina e dopamina, molecole fondamentali per il nostro benessere psicofisico. Queste sostanze sono, infatti, coinvolte in molti aspetti della motivazione, del piacere, dell’umore e delle relazioni sociali.

 

I sintomi neuropsichiatrici sono una conseguenza dovuta all’insufficienza respiratoria o riguardano danni diretti al sistema nervoso centrale?

Sono diversi i meccanismi che possono portare a lesioni cerebrali, come è stato presentato sopra, il virus può arrivare a livello cerebrale e questo innesca una serie di eventi che ledono il tessuto stesso.

Infatti, l’eccessiva quantità di glutammato, induce eccitotossicità provocando neuroinfiammazione. La neuroinfiammazione e la diminuzione dei neurotrasmettitori serotonina e dopamina provocherebbero danni neuronali. Inoltre, l’attacco all’endotelio vascolare cerebrale provocherebbe microictus e danni vascolari. Pertanto, sintomatologie neuropsichiatriche successive la malattia da COVID-19 risulteranno da danni neuronali e trombotici e varieranno in patologia come conseguenza delle diverse aree che possono essere lese.

 

Riassumendo, un’eccessiva risposta immunitaria combinata a microlesioni vascolari può portare all’instaurarsi di sintomatologie neuropsichiatriche. Invece, un’iniziale ed efficace risposta di cellule immunitarie innate, in grado di riconoscere ed eliminare le sostanze nocive, potrebbe prevenire o ritardare la risposta immunitaria, sostenendo l’organismo in una completa guarigione.

 

In conclusione, riuscire a comprendere i meccanismi che provocano le malattie neuropsichiatriche in seguito a malattia da COVID-19 permetterebbe di utilizzare una farmacologia attua a ridurre questi effetti a lungo termine.

 

Bibliografia:

       Boldrini M, Canoll PD, Klein RS. How COVID-19 Affects the Brain. JAMA Psychiatry. 2021 Jun 1;78(6):682-683.

     BHu B, Gou H, Zhou P, Shi ZL. Characteristics of SARS-CoV-2 and COVID-19. Nat Rev Microbiol. 2021 Mar;19(3):141-154.

   Meinhardt J, Radke J, Dittmayer C, Franz J, Thomas C, Mothes R, Laue M, Schneider J, Brünink S, Greuel S, Lehmann M, Hassan O, Aschman T, Schumann E, Chua RL, Conrad C, Eils R, Stenzel W, Windgassen M, Rößler L, Goebel HH, Gelderblom HR, Martin H, Nitsche A, Schulz-Schaeffer WJ, Hakroush S, Winkler MS, Tampe B, Scheibe F, Körtvélyessy P, Reinhold D, Siegmund B, Kühl AA, Elezkurtaj S, Horst D, Oesterhelweg L, Tsokos M, Ingold-Heppner B, Stadelmann C, Drosten C, Corman VM, Radbruch H, Heppner FL. Olfactory transmucosal SARS-CoV-2 invasion as a port of central nervous system entry in individuals with COVID-19. Nat Neurosci. 2021 Feb;24(2):168-175.

     Varatharaj A, Thomas N, Ellul MA, Davies NWS, Pollak TA, Tenorio EL, Sultan M, Easton A, Breen G, Zandi M, Coles JP, Manji H, Al-Shahi Salman R, Menon DK, Nicholson TR, Benjamin LA, Carson A, Smith C, Turner MR, Solomon T, Kneen R, Pett SL, Galea I, Thomas RH, Michael BD; CoroNerve Study Group. Neurological and neuropsychiatric complications of COVID-19 in 153 patients: a UK-wide surveillance study. Lancet Psychiatry. 2020 Oct;7(10):875-882.

   Woo MS, Malsy J, Pöttgen J, Seddiq Zai S, Ufer F, Hadjilaou A, Schmiedel S, Addo MM, Gerloff C, Heesen C, Schulze Zur Wiesch J, Friese MA. Frequent neurocognitive deficits after recovery from mild COVID-19. Brain Commun. 2020 Nov 23;2(2):fcaa205.